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I tesori perduti della Siria

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I tesori perduti della Siria

Il sito di Palmira. ANSA/YOUSSEF BADAWI
Il sito di Palmira. ANSA/YOUSSEF BADAWI

di Silvana Benedetti

La Siria, culla delle civiltà, ha conosciuto un lungo e prospero passato. Le sue vestigia e le sue rovine, attestano un’arte architettonica raffinata, e circa ventimila siti archeologici sparsi in tutto il Paese. Ne testimoniano l’antichissima civilizzazione, un mosaico di fedi e una molteplicità di anime. Qui sono nati l’alfabeto, la ruota e l’agricoltura. Una civiltà millenaria che ha regalato al mondo papi, imperatori e ben sei siti UNESCO.
La terra degli Assiri, però, è sempre stata terreno di guerre ed eterni conflitti di potere e di religione, un susseguirsi di invasioni e conquistatori; una terra contesa fin dalla notte dei tempi.

Testimonianze millenarie

I recenti conflitti, oltre a produrre l’annientamento di milioni di vite umane, hanno inferto atroci ferite al patrimonio storico e culturale della Siria: aree archeologiche, musei, moschee, chiese e monasteri. Tutto il tesoro incalcolabile di un Paese, un tempo crocevia tra Oriente e Occidente, rischia di scomparire tra bombardamenti, furti, saccheggi e scavi illegali.
Pesantissime le devastazioni nel centro medioevale della città [b]Aleppo[/b], «capitale» del nord e uno dei luoghi protetti dall’UNESCO. Duramente danneggiata la moschea degli Omayyadi, edificata nel 705 e completamente distrutto il suo meraviglioso minareto costruito nel 1090. Di quello splendore, che per mille anni ha resistito a ogni genere di calamità, non è rimasto che un ammasso di polvere grigia.

Senza danni rilevanti sono le rovine della [b]basilica di Qala’at Saman[/b] o San Simeone a 60 km da Aleppo. Il complesso paleocristiano si trova su uno sperone roccioso e venne costruito tra il 476 e il 491 d.C. nel luogo dove San Simeone, per isolarsi dal mondo, visse 37 anni seduto su di una colonna alta 13 metri di pietra, ridotta ora a un troncone dagli appassionati di souvenir.

Le antiche metropoli a rischio

La città di [b]Ebla[/b], risalente a 5.000 anni fa, è stata fatta oggetto di bombardamenti e razzie, e i testi della antica biblioteca sono ancora da recuperare. Gli scavi archeologici, condotti dal 1964 da una equipe italiana, hanno portato al ritrovamento degli archivi reali della città: 17.000 tavolette cuneiformi che hanno condotto a interessantissime scoperte sull’alfabeto dell’epoca e su questo potente regno del III millennio a. C.
I pezzi più straordinari sono conservati nei musei di Damasco e di Aleppo. Una delle tavolette più note riporta l’ammenda di tre buoi per chi seducesse la moglie del proprio ospite.

Secondo gli archeologi il luogo più danneggiato sembra essere la città di [b]Dura Europos[/b], al confine con l’Iraq, nota come “la Pompei del deserto”. Antico insediamento semitico, ospita i resti di una città del IV secolo a. C. e testimonia il passaggio di macedoni, greci e romani. Il museo e il centro di ricerca presso il sito sono stati saccheggiati e gli scavi illegali hanno portato al trafugamento di reperti e opere immesse clandestinamente sul mercato nero.

Vittima del conflitto anche la ricca e superba [b]Palmira[/b], regina delle città carovaniere, e capitale del vasto regno dell’imperatrice Zenobia, donna considerata allora la più bella d’oriente. La “Sposa del deserto”, com’era soprannominata, appare improvvisamente allo sguardo come un miraggio, immersa in un oasi verde: una distesa di palme, ulivi e melograni, che avvolge colonne, palazzi, muri di cinta e torri sepolcrali. Purtroppo, sia l’imponente colonnato, parte dell’arco di trionfo e il tempio di Baal risultano pesantemente compromessi. Diversi anche gli allarmi per saccheggi e scavi clandestini.

Perle dell’Umanità vilipese

Il cardo di [b]Apamea[/b], città prima ellenistica e poi romana, lungo quasi due chilometri, è una delle vie colonnate più imponenti del mondo antico, talmente maestoso che sembra raggiungere il cielo. Fregi e iscrizioni testimoniano una delle città più belle e grandi ai tempi di Seleuco (IV-III secolo a. C), generale di Alessandro Magno. Anche alle rovine di Apamea sono state inferte numerose ferite: centinaia di colonne colpite e asportati alcuni giganteschi capitelli. Atrocemente saccheggiati, con l’uso delle ruspe, alcuni dei magnifici mosaici che coprivano i pavimenti di epoca romana.

Ad [b]Hama[/b] rischiano ogni giorno le ultime [i]norias[/i], gli antichi mulini da irrigazione alti più di venti metri. Le due enormi cigolanti ruote di legno nero (norie), che sollevano l’acqua del fiume Oronte per irrigare i campi, gli orti e i frutteti, sono una delle poche memorie rimaste dopo il bombardamento subito nel 1982 di questa antica e bellissima città. Nella parte risparmiata dalla violenza, il settecentesco Palazzo Azem, più intimo e raccolto di quello di Damasco, mostra ancora i quartieri per gli uomini e gli harem per le donne.

“Il più bel castello del mondo” come lo definì Lawrence d’Arabia, che neppure il feroce Saladino riuscì a conquistare, è stato teatro di pesanti combattimenti. La fortezza del [b]Krak des Chevaliers[/b], considerato il castello medievale per eccellenza dell’età crociata, riporta danni causati dai colpi di mortaio. Di questo eccezionale esempio di architettura militare, roccaforte dei Cavalieri di Malta mai espugnata, erano arrivati fino a oggi perfettamente intatti mura ed edifici, la Sala dei Cavalieri, la cappella, i due cortili e le torri.

I dintorni di Damasco

[b]Bosra[/b], la possente cittadella fortificata, con il suo incanto di vecchie case costruite in nero basalto, edificata dagli arabi nel XII secolo per difendersi dai crociati, nasconde all’interno un grande teatro romano del III secolo d. C., sulle cui gradinate possono prendere posto oltre 15.000 persone. Qui, i muri del tempio romano, adiacente al teatro, sono stati completamente imbrattati da slogan inneggiativi.

Nel villaggio di [b]Maaloula[/b], incuneato in una gola tra i monti e arroccato su un pendio ripido in calcare, dove si parla ancora l’aramaico, è stata assaltata la chiesa dei Martiri di San Sergio, la più antica del Medio Oriente. Il pavimento del monastero è stato trovato cosparso di oggetti religiosi e le immagini e le reliquie hanno subito gravi danni. Sono soprattutto sparite le preziosissime icone del XVII e XVIII secolo che erano custodite in sacrestia. Maaloula, in siriaco significa “entrata”, ma nel suo termine etimologico, l’invito aveva sicuramente un’altra valenza.

Questa mappa è, purtroppo, incompleta. Mancano all’appello notizie sulle centinaia di siti minori abbandonati senza tutela e controllo al saccheggio, agli scontri e alle intemperie. Ma per quanto ci riguarda, il danno per l’umanità è già, di per sé, immensamente incalcolabile.

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